Daniele Amato: a new era of creative minds
- Fresh Fashion
- 16 apr 2024
- Tempo di lettura: 5 min

Daniele Amato è un giovane ragazzo con una forte passione, è la settima generazione Leu Locati: crescendo all’interno dell’azienda di famiglia ha imparato le basi per poter realizzare i primi abbozzi di borse partendo da ritagli di pelle. E’ così che è nata la sua passione per il mondo della moda e che ha acquisito le sue competenze. Il designer crea borse sofisticate, un accessorio luxury, classico e molto amato destinato a durare una vita ed essere tramandato. La sua produzione si basa sul Made in Italy, sulla forza dell'artigianalità e della scelta del pellame.
Ad oggi ha creato il suo brand "Amato Daniele" che porta con sé tutta la sua originalità, inserisce all'interno del prodotto il duro lavoro nei minimi particolari, la passione e l'arte per creare pezzi unici per arricchire una donna.
Ma scopriamo la sua storia insieme..
1 Come nasce la storia di Amato Daniele e qual è stata la tua prima realizzazione di una borsa?
Nasce dentro l’azienda di pelletteria della mia famiglia da una passione tramandata di generazione in generazione e che risale alle fine dell’800. Fin da piccolo sono sempre stato immerso in un ambiente super creativo, passavo le mie giornate giocando tra i banchi degli artigiani e ammiravo la maestria con cui realizzavano le borsette. Era impossibile non innamorarsi di quel mondo e voler farne parte. Già all’età di 8 anni sapevo di voler fare questo nella vita, trasformavo gli avanzi di pelle in dei primi abbozzi di borse e ho iniziato a disegnare. A 17 anni ho iniziato a lavorare ufficialmente in azienda e a creare le mie collezioni. Sentivo il bisogno di staccarmi da quello che facevano i miei genitori, così è nato il brand Amato Daniele che inizialmente si concentrava sulla produzione di scarpe.

2 Sei la nuova generazione nella stessa famiglia di creativi, cosa ti unisce a loro? Invece come ti distingui dai tuoi predecessori e quali novità hai portato nell’azienda?
La settima per l’esattezza. Ciò che ci unisce è sicuramente la passione per questo mestiere e la voglia di tramandare i valori del Made in Italy e dell’artigianalità che da sempre guidano il nostro lavoro e la nostra produzione. Ogni giorno portiamo avanti e salvaguardiamo tutte le antiche tecniche di lavorazione della scuola di pelletteria meneghina che altrimenti andrebbero perse nel tempo. Quello che cerco di fare è portare il nostro know-how ai giorni nostri, con un’estetica interessante e raffinata che possa coinvolgere e conquistare clienti di tutte le fasce d’età. Sicuramente uno dei cambiamenti più importanti che ho messo in atto è stato a livello comunicativo. Usare la forza dei social per far conoscere la nostra storia, i nostri prodotti e le nostre lavorazioni ad un pubblico ampissimo ci ha sicuramente lanciati e consolidato la nostra posizione come brand aiutandoci anche ad implementare le vendite.
3 Come avviene il tuo processo creativo e sopratutto di produzione del prodotto? Quanto è importante la ricerca materia?

Avviene tutto all’interno del nostro laboratorio. Molto spesso parto proprio dai materiali (recuperati dal nostro vastissimo archivio o acquistati appositamente per le nuove collezioni) e mi faccio ispirare e guidare da quelli. Scelgo e disegno i modelli che comporranno la collezione e li immagino nei materiali e colori più adatti a loro. La produzione poi si svolge completamente nel nostro laboratorio: dal taglio dei materiali alla confezione del prodotto, le cuciture a macchina e i punti a mano di rifinitura, fino al controllo qualità e all’imballaggio per le spedizioni. Tutti i passaggi sono effettuati e gestiti direttamente in house così che io possa avere la possibilità di controllare tutto. L’attenzione ai dettagli e la qualità dei prodotti sono fondamentali per me.
4 Quali sono gli elementi che caratterizzano i tuoi modelli? Come ti diversifichi dai competitor nel mercato?
Cerco sempre di combinare e bilanciare il più possibile la pulizia estetica, la maestria nella costruzione e la funzionalità in tutte le mie creazioni. Il punto di forza dei miei modelli è sicuramente la vera artigianalità del made in Italy con le sue antiche lavorazioni della scuola di pelletteria meneghina, le costruzioni rigide e iper-strutturate e i materiali di alta qualità. A parte il design del prodotto, un po’ vintage ma sempre attuale e accattivante, e alla produzione totalmente artigianale, secondo me ciò che mi diversifica di più dai competitor è il mio metodo comunicativo e l’utilizzo dei social per raggiungere direttamente e in maniera “personale” i clienti.

5 Parlaci della capsule collection delle “Micro Bag” prodotte con i tessuti d’archivio
Una delle cose che mi piace di più della mia azienda è l’archivio e magazzino dei tessuti e pellami. E’ un po’ come un parco giochi per me. C’è di tutto: rasi, velluti, tessuti stampati, pizzi, lini, pelli laserate in tantissimi colori e fantasie bellissime. Molti sono materiali acquistati negli anni di cui sono rimasti dei fine pezza o piccole metrature. Era davvero un peccato che rimanessero lì senza che nessuno potesse vederli. Da lì è nata l’idea di dargli nuova vita ed utilizzarli per una capsule collection upcycled di pezzi in edizione limitata. Così sono nate tantissime Queen Micro in tessuti “pazzi”, alcune realizzate anche con preziosi tessuti giapponesi ricamati per Obi.
6 Quanto è importante nel tuo lavoro l’artigianalità in un contesto dove le nuove tecnologie avanzano? Il vostro Made in Italy per cosa si riconosce?
L’artigianalità è fondamentale per noi e da sempre è il fondamento del nostro lavoro. I metodi di lavorazione sono quelli tradizionali della scuola di pelletteria meneghina, tutto è fatto a mano con cura, dal taglio dei tessuti/pellami - che viene ottimizzato sempre per evitare gli sprechi e al contempo scartare i difetti che possono essere presenti nei materiali - alla confezione vera e propria dei prodotti. Gli articoli, poi, non vengono realizzati in catena di montaggio, ma sono affidati al singolo artigiano, che si occupa della loro produzione dall’inizio alla fine. Ovviamente negli anni sono state inserite anche delle componenti tecnologiche per quanto riguarda il taglio dei rinforzi interni delle borse in modo da poterne implementare la precisione. Il nostro Made in Italy si riconosce per la cura al dettaglio e la qualità e soprattutto per essere fatto totalmente a mano in Italia, da artigiani italiani, usando prodotti di altissima qualità.
7 Tra le soddisfazioni più grandi dell’azienda c’è sicuramente quella di essere scelti da diverse protagoniste Royal! Parlaci della storia che si cela nella borsa scelta dalla Regina Elisabetta
Assolutamente, è una grande soddisfazione e un grande onore! La borsa scelta ed indossata in ben 17 occasioni formali dalla Regina Elisabetta era stata disegnata da mio nonno e si trattava di una pochette da sera nel nostro tessuto iconico Mesh. Il tessuto è realizzato intrecciando fili di vero oro 24kt e argento 925 con un antico telaio azionato a mano di fine ‘800, che è ancora presente ed in uso in azienda. Il modello in questione è tutt’oggi in produzione, rimane ancora uno dei nostri best seller, e si chiama proprio “Queen Bag” in onore della Regina Elisabetta che lo ha scelto ed indossato. Non sappiamo con esattezza come sia arrivato alla Regina, ma supponiamo sia stato acquistato per lei presso uno dei nostri rivenditori a Londra negli anni ’80.


8 Ti definiscono un architetto della moda, come mai questo tipo di visione, e come lo unisci nell’essenza della borsa?
Per me è fondamentale la costruzione della borsa. Nei miei modelli cerco sempre di bilanciare la pulizia estetica con un design accattivante e funzionale che ben si armonizzi con gli accessori metallici recuperati dall’archivio e con i materiali e i colori scelti. Il risultato deve essere un bel prodotto che catturi l’attenzione e venga apprezzato per il suo design e la sua eleganza, ma al tempo stesso sia comodo per chi lo porta e possa contenere il necessario e, perché no, anche qualche chicca, vedi uno specchietto abbinato, come si era soliti fare a inizi ‘900.
Intervista a cura di Giorgia Ferri
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